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La storia / Le origini

L'uso del termine filigrana (meno comune filagrana o filigrana) viene usato a partire dal 1600, probabilmente per merito di un letterato fiorentino, Lorenzo Magalotti. L'origine del nome è senza dubbio latina, e deriva dall'unione di due sostantivi: filo (fìlum) e grano inteso come granulo (granum). Secondo l'Enciclopedia Treccani essa è " un particolare tipo di lavorazione dell'oro e dell'argento, che consiste nel curvare e nell'intrecciare filamenti di metallo, riunendoli nei loro punti di contatto con saldatura, anch'essa di metallo, per mezzo di cannello da saldare". In genere, quindi, tutta l'opera viene eseguita interamente con filo granato, ottenendo l'effetto di un arabesco un poco irreale. La prima filigrana autentica dell'antichità è documentabile dai ritrovamenti di Troia (Hissarlik, II e III strato) databili al 2000-2500 a.C., e di Ur, antica capitale dei Sumeri, che documentano già l'uso dell'argento e una buona tecnica di lavorazione. Per alcune fonti (vv Enciclopedia delle Arti e Industrie, 1882), "gli inventori della filigrana sono stati gli Arabi, perchè in tale industria furono sempre eccellenti. Una ragione abbastanza buona che si ha della preferenza data da questi popoli a tale ramo dell'oreficeria, sta nella predilezione che ebbero ed hanno le loro donne per gli ornamenti leggeri, causa del caldo clima del paese in cui vivono e della mollezza dei loro costumi."

Senza macchine, la produzione di filo per lavori in filigrana deve essere stata un grosso problema per gli antichi artigiani. Ci sono varie ipotesi circa il metodo di produzione del filo; tuttavia esse concordano nel ritenere che il primo passo fosse quello di staccare delle striscioline dai fogli di metallo usando un utensile tagliente. Incerto è il metodo utilizzato per trasformare queste striscioline in filo: alcuni esperti affermano che le strisce venivano rese tonde martellandole. Questo metodo, se plausibile per la lavorazione di barre o grossi fili, non è però valido per produrre gli esilissimi fili che il lavoro in filigrana richiede. Il metodo più probabile sembra invece quello secondo cui il filo veniva tirato attraverso filiere non molto diverse da quelle usate dagli artigiani di oggi, utilizzando grani forati di pietra dura.

In Egitto sono stati ritrovati oggetti in filigrana risalenti al 1500 a.C.: qui i monili sono confezionati con lavori a traforo e con l'armonica disposizione di maglie, lamine e verghette di metallo; bracciali e ciondoli dì varie fogge lavorati in filigrana sono stati ritrovati anche nella ricca tomba del faraone Tutankhamon. In Unione Sovietica, presso Carnigov, sono stati rinvenuti ciondoli con raffigurazioni di leoni e arieti a decorazione a fili d'oro e pendenti con perle intrecciate di filo granato, risalenti al 1100 a.C.: gran parte dell'oreficeria russa del periodo risente gli influssi dell'arte del levante greco.

Intorno all'ottavo secolo a.C. essa si diffonde nell'Etruria, dove sono stati ritrovati monili di notevole bellezza, in particolare a Bisenzio, Vetulonia, Tarquinia, Cerveteri: in queste filigrane la lavorazione è più raffinata ed aggraziata in un moderato sfoggio di linee e di curve, con l'uso di figure umane ed animali ottenute a stampo su sottili lamine poi ricoperte di granuli. Secondo Erodoto gli Etruschi sono un popolo proveniente dalla Lidia, antica regione dell'Asia Minore: questo spiegherebbe la familiarità di questo popolo con la tecnica di lavorazione dei metalli, essendo i giacimenti della Lidia tra i più cospicui e famosi dell'antichità.

Alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente (500 d.C. circa), le invasioni barbariche portano in Italia un interessante contributo sia tecnico che stilistico nella lavorazione della filigrana: in particolare ricordiamo la decorazioni delle armi con l'uso del cesello e con l'ageminatura. Gli oggetti lavorati con la tecnica della filigrana cono per i primi secoli usati solamente per ornamento; solo a partire dal Medioevo a questi si affiancano oggetti legati al culto religioso, quali calici, candelabri, crocefissi, mentre in Cina si eseguono riproduzioni di oggetti reali appartenenti all'uso quotidiano. In Italia la lavorazione inizia dopo il mille, grazie ai rapporti che le Repubbliche Marinare avevano avuto con i paesi dell'Oriente durante il periodo delle Crociate.

Importanti centri di produzione sorgono ad Agrigento, Firenze, Genova, Napoli, Torino, Venezia e in Sardegna. In particolare Venezia diventa un importante centro di produzione, con oggetti in oro e argento lavorati in filigrana con rara maestria, in cui la ricchezza ornamentale tipica dello stile bizantino è smorzata e resa più semplice ed elegante. Sono di questo periodo pregevoli lavori quali le legature bizantine del tesoro di S. Marco a Venezia e i candelabri di Carlo II d'Angiò in S. Nicola di Bari, la cornice del "Volto Santo da Odessa" in S. Bartolomeo degli Armeni a Genova. Nell'800 importanti centri sorgono in Trentino (Cortina d'Ampezzo), nel Veneto (Padova) e in Abruzzo (Pescocostanzo), senza dimenticare le già menzionate Genova e Venezia. Da cronache del tempo risulta che verso la fine del secolo scorso venivano esportati dall'Italia lavori in filigrana d'argento per 450000 Kg e 100000 Kg in oro.

Lavori di particolare bellezza, tra cui una fontana di stile gotico alta 70 cm, denominata "il trionfo", in cui si trovano inseriti tutti i fiori della vallata cortinese, sono rintracciabili a Cortina d'Ampezzo, dove negli ultimi trent'anni del secolo scorso fu attiva, per merito di un artigiano del luogo, Giuseppe Ghedina, una rinomata scuola dell'artigianato in filigrana d'argento. A Torino molto rinomata era nel secolo scorso la fabbrica di Beretta. A Genova il periodo di maggior produzione si ebbe tra il 1700 ed i primi anni di questo secolo, con botteghe artigiane che contavano anche 200 dipendenti e producevano lavori su commissione per diverse parti del mondo, tra cui le Americhe e l'Australia.

La produzione ligure, che nel '700 si richiama molto allo stile orientale, con una notevole esportazione nelle terre del Levante che continuerà anche nel secolo successivo, si estende nell'800 agli ornamenti del costume popolare, in particolare per le popolazioni della Liguria e della Sardegna. Di fatto, l'attività dei filigranisti di Genova è confusa, sino alla metà del secolo scorso, con quella degli orafi e argentieri, denominati in dialetto genovese "fravegni", e non ci permette di conoscere gli autori di queste opere. Tra gli abili artigiani che operarono in Genova dalla metà dell'800 ai primi di questo secolo, è doveroso ricordare almeno Pisano, Barabino, Sommariva, Grasso, Sivelli, De Andreis, Bevegni, Bennati, Barbieri. Di fatto, l'arte della filigrana è giunta sino a noi senza subire grossi cambiamenti tecnici, dal momento che i due elementi fondamentali della lavorazione sono ancora oggi il filo ritorto e i granuli. Spesso, soprattutto nei secoli passati, la sua funzione principale è stata quella di decorare e rifinire gioielli, permettendo l'applicazione di pietre dure e pasta vitrea.

Solo dall'epoca romano-imperiale la filigrana acquista un suo carattere autonomo, disgiunto da altri sistemi di lavorazione, realizzando monili dai quali è eliminato l'impiego della lamina di base. Inizialmente lavorata unicamente in oro, grazie alla sua malleabilità e al fatto che è inattaccabile dagli agenti naturali, essa è oggi lavorata quasi unicamente in argento. Essendo un tipo di attività basata ancora oggi su tecniche e ritmi di lavoro molto artigianali, e quindi molto costosi, in cui la manodopera viene ad incidere in misura preponderante sul costo del prodotto, essa sta oggi lentamente scomparendo. Un buon filigranista, infatti, deve avere almeno dieci anni di esperienza per poter affrontare opere di un certo impegno e, oltre a possedere uno spiccato gusto estetico, esso deve avere chiare conoscenze tecniche sia nella lavorazione dei metalli che nel disegno. Tra i centri di produzione più qualificati di cui si sia oggi a conoscenza, occorre ricordare Gondomar e Oporto in Portogallo e Orissa in India.

In Italia oggi l'unico centro di produzione di rilievo si trova a Campo Ligure, dove verso la fine del secolo scorso sorsero le prime "botteghe", grazie agli artigiani Antonio Olivieri, già legato alla bottega genovese dei Grasso, e Michele Bottaro. Oggi a Campo Ligure sono in attività oltre venti laboratori di filigrana, i quali hanno saputo fondere in modo mirabile le tecnologie attuali e le tradizioni di un tempo, mantenendo la bellezza propria della lavorazione artigianale.